Citomegalovirus (CMV)

Citomegalovirus (CMV)


Redatto da: P.Parisella

Il citomegalovirus (CMV) è un virus appartenente alla famiglia dei virus erpetici (Herpesvirus) cui appartengono il virus dell'Herpes simplex, il virus della varicella-zoster, il virus di Epstein-Barr, l'Herpesvirus 6  e vari altri meno conosciuti.
La trasmissione del virus avviene principalmente attraverso la saliva ma anche altre secrezioni e liquidi biologici: latte materno, secrezioni vaginali, sperma, urina; può avvenire anche tramite trasfusioni o trapianti; non è documentata la trasmissione per via aerea (respiratoria).
La maggior parte delle persone ha il primo contatto col virus durante il parto per contatto con secrezioni vaginali infette (infezione perinatale) e durante l'allattamento materno (infezione postnatale). La trasmissione attraverso il latte materno in genere non comporta alcun rischio per il neonato in quanto insieme al virus vengono trasmessi anche anticorpi materni che proteggono il neonato. Nelle femmine questo tipo di contagio può essere addirittura utile in quanto, come una sorta di "vaccinazione", si eliminerà il rischio di contrarre l'infezione (primaria) nel corso di una futura gravidanza. 

L'infezione primaria da CMV decorre asintomatica e solo raramente possono aversi febbre, astenia, linfosplenomegalia, aumento delle transaminasi e dei globuli bianchi, cefalea, artralgie, mialgie, rinite, faringite e tosse.
Man mano che si sviluppa la reazione immunitaria, attraverso la produzione di anticorpi (IgG e IgM) e linfociti, l'infezione si risolve. La prima risposta all'infezione è rappresentata dall'aumento delle IgM che scompaiono a distanza di 3-6 mesi; le IgG , una volta prodotte, rimangono per tutta le vita.
Nonostante la risposta immune il CMV non viene eliminato dall'organismo ma rimane in alcune cellule in forma latente, inattiva. Occasionalmente il virus può riprendere la replicazione e quindi riattivarsi. In tali casi i soggetti affetti, anche se asintomatici, eliminano il virus attraverso urine, saliva, latte, secreto cervico-vaginale e sperma, contribuendo a diffondere l'infezione. A tal proposito bisogna precisare che sono necessari contatti stretti e prolungati affinchè avvenga la trasmissione del virus.
La possibilità di contrarre l'infezione in gravidanza e trasmetterla al feto, sia durante una infezione primaria che in seguito a riattivazione, è molto bassa; inoltre bisogna tener presente che eventuali malformazioni fetali o patologie di altro tipo sono causate pressocchè esclusivamente da una infezione primaria e non in caso di infezione riattivata, ciò perchè in caso di infezione primaria vi è una elevata viremia mentre in caso di riattivazione la viremia non è presente. In gravidanza, quindi, assume notevole importanza capire se si tratti di una prima infezione o di una riattivazione.
L'infezione congenita da CMV  può dar luogo a diversi esiti:
  • morte fetale con aborto spontaneo: molto raro.
  • infezione congenita sintomatica: si ha in circa il 10% dei casi e può manifestarsi con vari segni o sintomi: epatomegalia, splenomegalia, ittero, emorragie cutanee, microcefalia, calcificazioni cerebrali, ritardo di accrescimento, deficit visivi, deficit uditivi, alterazioni di laboratorio (aumento delle transaminasi, aumento della bilirubinemia, diminuzione delle piastrine, ...). Quanto descritto può essere così grave da portare a morte perinatale o molto lieve e passibile di risoluzione in poco tempo; inoltre circa l'80% dei casi non ha apparenti anomalie alla nascita ma può manifestare delle sequele tardive nei primi anni di vita come difetti uditivi e della vista, varie sequele neurologiche.
  • infezione congenita asintomatica: si ha in circa il 90% dei casi; circa il 10% dei casi può sviluppare sequele tardive in particolare difetti dell'udito.
Bisogna a tal proposito fare una importante considerazione, anche ai fini medico-legali: non è possibile prevedere se l'infezione congenita darà luogo ad un neonato sintomatico o asintomatico, se svilupperà sintomi gravi o lievi, se possono esservi delle sequele tardive.

Inoltre dai dati della letteratura emerge un'altra importante considerazione: un feto con infezione congenita diagnosticata con certezza per il rilievo della presenza del virus nel liquido amniotico, ma con controlli ecografici ed ematologici nella norma, quantità minima o assente di virus nel sangue e IgM assenti, ha una maggiore probabilità di superare l'infezione contratta in utero senza danni.   

Diagnosi

Il primo passo è stabilire se vi è una infezione primaria nella gestante (in questi casi la possibilità di trasmettere l'infezione al feto è di circa il 35-50%) e datare l'infezione. La datazione dell'infezione, cioè il momento più preciso possibile di inizio dell'infezione, è un momento importante nel percorso diagnostico dell'infezione da CMV. Una accurata anamnesi può far cogliere anche sintomi aspecifici (cefalea, febbricola, astenia) ed alterazioni dei parametri di laboratorio (aumento delle transaminasi, leucocitosi, linfocitosi relativa). 
Utili sono le indagini sierologiche che possono dare varie combinazioni:
  • IgG assenti    IgM assenti   : assenza di immunità
  • IgG presenti  IgM assenti   : infezione pregressa
  • IgG assenti    IgM presenti : infezione primaria acuta
  • IgG presenti  IgM presenti : infezione primaria acuta o recente
E' utile anche il dosaggio delle IgG avidity:
  • IgG a bassa avidità < 20%            : prima infezione recente
  • IgG ad avidità intermedia 20-30%: probabile infezione recente (controllo dopo 15 giorni)
  • IgG ad alta avidità   > 30%            : infezione pregressa, riattivazione del virus

Il dato più importante da tener presente nel valutare i risultati sierologici nella diagnosi di infezione da CMV è la sieroconversione, cioè la comparsa di IgG specifiche in una gestante precedentemente non immune al CMV; la diagnosi viene avvalorata sia con la presenza di IgM specifiche che di IgG a bassa avidità. In assenza di sieroconversione la presenza di IgM specifiche deve essere valutata con attenzione in quanto nella maggioranza dei casi (60-70%) non vi è una infezione primaria per vari motivi:
  • presenza di IgM false: derivanti da test non attendibili in quanto non sicuramente specifici.
  • presenza di IgM cross-reattive: vi sono alcune condizioni in cui può aversi un aumento dei livelli di anticorpi anti CMV in assenza dell'infezione da CMV: ciò può verificarsi a causa della cross reattività all'interno della famiglia dei virus erpetici e quindi in caso di pazienti affette da Morbillo, Varicella, Herpes Simplex, Mononucleosi Infettiva. 
  • presenza di IgM persistenti: cioè IgM dovute ad una infezione primaria che data da tempo e che rimangono costanti nel tempo.
Solo in un 30% dei casi la presenza di IgM specifiche è espressione di una infezione primaria recente.

Inoltre bisogna valutare con attenzione i dati nei soggetti immunodepressi. 

In caso di infezione materna primaria bisogna poi accertare se il feto è affetto attraverso esami invasivi quali amniocentesi e funicolocentesi, da praticarsi presso centri specializzati di riferimento, rimandando per quanto possibile la procedura sia per il rischio di falsi negativi (tale rischio è più alto se trascorrono meno di 6 settimane tra l'inizio dell'infezione e la diagnosi prenatale invasiva), sia  per evitare la possibilità di trasmettere l'infezione al feto in seguito alla procedura stessa. 
Nel liquido amniotico si procede all'isolamento diretto del virus, alla ricerca del DNA virale mediante PCR, alla ricerca di RNA virale con metodica NASBA. Sul sangue fetale vengono ricercati il virus, la proteina pp65, il DNA virale, l'RNA virale e le IgM specifiche; inoltre vengono determinati anche alcuni parametri ematochimici.

Accedendo al software diagnosi di questo sito (Diagnosi on-line), selezionando l'opzione "Parti da ..................." cliccando poi su "Seleziona", è possibile accedere: 
- al pannello Malattie infettive dove, immettendo i rilievi di laboratorio del caso che si sta studiando, può aversi un   orientamento sulla diagnosi sierologica della infezione materna da CMV, 
- al pannello Embriofetopatie da Agenti Infettivi.

Management

Controllo preconcezionale del dosaggio di IgG ed IgM specifiche per valutare la presenza o meno di immunità. 
Se non vi è immunità e in gravidanza rimane una sierologia negativa si prescrivono controlli sierologici mensili e controlli ecografici.
Se i controlli sierologici in gravidanza documentano una sieroconversione (IgG positive > IgM positive > IgG a bassa avidità > IgA positive) si è di fronte ad una infezione primaria recente. In questi casi se si è prima della 13a settimana di gestazione la coppia può optare per una IVG, se si è prima della 20a-21a settimana e i controlli ecografici documentano delle anomalie fetali la coppia deve essere informata di tutto quanto su esposto e può essere anche disposta ad una eventuale IVG. Dopo la 20a settimana si può proporre di ricorrere alla diagnosi prenatale invasiva: se i risultati sono negativi si procede con controlli ecografici seriati; se i risultati documentano una infezione congenita fetale e si dimostrano danni fetali con la cordocentesi e/o con l'ecografia la coppia può optare per una IVG. Se l'infezione fetale viene documentata dopo la 23a settimana di gestazione e non può più essere presa in considerazione una IVG vengono effettuati controlli ecografici seriati. 

Considerazioni Diagnostiche e Medico-Legali
La diagnosi prenatale di infezione congenita, non essendoci oggi interventi terapeutici standardizzati, ha come fine l'indicazione o meno all'IVG. Come detto in precedenza, in caso di infezione congenita non è possibile prevedere se l'infezione darà luogo ad un neonato sintomatico o asintomatico, se svilupperà sintomi gravi o lievi, se possono esservi delle sequele tardive.  La diagnosi ecografica ha si il vantaggio di essere una metodica non invasiva ma è scarsamente sensibile in quanto permette di identificare non più del 5% dei feti infetti (Nigro et al N. Engl. J. Med., 2005).
La diagnosi prenatale invasiva si fonda sulla ricerca diretta del citomegalovirus nel liquido amniotico mediante esame colturale e del genoma virale mediante PCR qualitativa. La sensibilità dell'esame colturale è di circa il 70-80% mentre la PCR qualitativa ha una sensibilità del 90-98% ed una specificità del 92-98%. Risultati negativi di entrambe le metodiche permettono di escludere con elevata probabilità l'infezione fetale mentre risultati positivi richiedono l'esecuzione di una PCR quantitativa per individuare i feti ad alto rischio.
L'amniocentesi deve essere proposta esclusivamente tra la 21a e la 23a settimana di gestazione nelle donne che hanno contratto l'infezione primaria nella prima parte della gravidanza e/o in caso di anomalie fetali suggestive di infezione, e ciò per due motivi principali:
  1. si ha una alta percentuale di falsi negativi prima di questa data poichè la diuresi fetale prima di questo periodo non è ancora sufficientemente sviluppata;
  2. il citomegalovirus replica lentamente e occorrono 6-9 settimane dopo l'infezione materna perchè venga eliminato dal feto con l'urina in quantità sufficienti alla sua rilevazione.


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